Giovanni, Ospite residente presso il Centro Servizi Guido Negri di Thiene, e il Telegrafo Morse

Thiene, 10.01.2024

Pubblichiamo di seguito il racconto di un nostro ospite, Giovanni Pigato, residente presso il nostro Centro Servizi Guido Negri di Thiene – Fondazione OIC Onlus – con il quale il signor Giovanni ci racconta del telegrafo e dell’importanza che esso aveva prima dell’evoluzione della tecnologia comunicativa a noi più recente.

Nella foto il telegrafo di proprietà del signor Giovanni.

Il telegrafo era il mezzo più veloce per comunicare a distanza. L’apparecchiatura si trovava negli Uffici Postali e serviva sia per la trasmissione che per il ricevimento dei telegrammi.

Il suo funzionamento l’avevo conosciuto fin da quando ero ragazzo perché frequentavo l’Ufficio Postale del mio paese (Sarcedo) dove l’Ufficiale di Posta (così allora si chiamava) mi affidava i telegrammi ricevuti da consegnare ai destinatari.

Nel 1953 (a 19 anni di età) entrai come precario alle Poste in tre diversi periodi e uffici, per complessivi due anni di servizio. Nel 1955 venni assunto stabilmente e destinato a Vicenza Poste Centrali dove rimasi fino al collocamento a riposo.

A Vicenza per i primi tre anni lavorai proprio all’Ufficio Telegrafico Principale, che restava sempre aperto giorno e notte, anche nelle domeniche e altri giorni festivi, in quanto si trattava di un servizio di pubblica utilità. Poi svolsi altri incarichi.

Dato che non esisteva la possibilità di trasmettere via telegrafo le parole e i numeri nella loro forma grafica, si usava l’apposito alfabeto Morse, dal nome dell’inventore Samuel Morse, composto soltanto da punti e linee; ogni lettera del normale alfabeto e ogni numero avevano una diversa composizione di punti e linee (A = un punto e una linea, B = una linea e tre punti, C = una linea + un punto + un’altra linea + un altro punto, numero UNO = un punto e quattro linee, e così via).

La trasmissione, di ogni lettera dell’alfabeto e ogni numero, avveniva premendo un tasto che era collegato all’apparecchio trasmittente e che emetteva impulsi elettrici di diversa durata: un attimo per il punto e di un secondo o poco più per ciascuna linea. Il funzionamento qui esposto avveniva automaticamente su ambedue gli apparecchi trasmittente e ricevente, nel momento stesso della trasmissione con il tasto.

Un metallo detto ferro dolce, contenuto nell’apparecchio, diventava calamita tante volte quanti erano gli impulsi elettrici e per la loro stessa durata. Una astina sovrastante, pure di ferro dolce, veniva attratta dalla calamita sempre per la stessa durata ed era imperniata in modo da oscillare:  quando si abbassava sulla calamita, si alzava dall’altra parte che sporgeva di qualche centimetro fuori dell’apparecchio. Una striscia di carta larga circa un centimetro si snodava da un rotolo a destra, scorreva sopra la parte esterna dell’astina, trascinata lentamente verso sinistra da due cilindretti ruotanti. I movimenti dell’astina spingevano in alto la striscia di carta fino ad una rotellina scrivente bagnata di inchiostro oleoso che girava in posizione verticale.

Ogni contatto tra la striscia e la rotellina lasciava impressi sulla carta i segni stessi dei punti e delle linee.

L’impiegato che trasmetteva il telegramma leggeva il testo con le parole e i numeri, che trasformava istantaneamente in punti e linee; l’impiegato che riceveva la trasmissione telegrafica traduceva subito i punti e le linee in lettere e numeri. Ne faceva la trascrizione su un apposito modulo telegrafico da recapitare con sollecitudine al destinatario.

Gli apparecchi Morse degli Uffici Postali della Provincia (circa 130 nel Vicentino) erano collegati con l’Ufficio Telegrafico Principale del Capoluogo mediante linee elettriche dedicate al servizio. Gli uffici posti lungo la stessa linea potevano scambiarsi direttamente i telegrammi. Per interventi sulle apparecchiature e sulle linee c’erano la officina telegrafica e i “guardiafili”.

Quando arrivai a Vicenza funzionavano le telescriventi per le trasmissioni tra gli Uffici Telegrafici Principali. Vicenza faceva parte del gruppo comprendente Venezia, Padova, Verona e Milano, anche per i telegrammi in transito da e per altre Provincie.

Io operavo sia agli apparati morse che alle telescriventi.

L’Italia era collegata con le altre Nazioni, comprese quelle separate dal mare, ma unite tramite cavi sottomarini. L’alfabeto Morse venne anche utilizzato a suo tempo dagli enti preposti nelle trasmissioni con le onde elettromagnetiche, scoperte da Guglielmo Marconi, che erano indispensabili per comunicare con le navi in mare aperto.

Già attivo nella seconda metà del 1800, il servizio telegrafico con gli apparecchi Morse si concluse in Italia nel corso degli anni settanta del 1900, a seguito della grande diffusione del servizio telefonico presso le famiglie, in vari altri settori e con le cabine telefoniche pubbliche.

I dipendenti delle Poste che desiderassero tenerlo come ricordo, potevano ottenere uno degli apparati morse dismessi, verso pagamento di un contributo.

Ne presi uno anch’io e lo conservo ancora.

Giovanni Pigato (Giannino)

classe 1934

Recapito presso

Opera Immacolata Concezione Residenza G. Negri – Via Liguria 22 – 36016 Thiene (VI)